François Rabelais  :”“Fai quello che vorrai”:educazione,guerra e conoscenza” di Bianca Maria San Pietro-docente di francese -Bocconi

François Rabelais  :“Fai quello che vorrai”…… di Bianca Maria San Pietro-Bocconi

E se tornassimo indietro di 500 anni per vedere cosa pensava Rabelais dei grandi temi dei quali discutiamo ancora oggi e cioè l’educazione, la guerra, la conoscenza? 

È il 1532 quando François Rabelais  (Chinon, 1483 o 1494 – Parigi, 9 aprile 1553) monaco, medico e scrittore, pubblica il secondo libro dei cinque che compongono la storia dei due giganti Gargantua e Pantagruel (non a caso da quel momento è entrato nel linguaggio comune l’aggettivo pantagruelico per definire qualcosa di smisurato). Ed è proprio in questo secondo libro che esprime le sue idee prima sull’educazione di Gargantua e poi sulla guerra.

Contro un’educazione che imponeva nel Medioevo l’apprendimento meccanico e mnemonico del maggior numero di nozioni possibili trascurando il corpo, Rabelais insiste su un’educazione che proceda in parallelo per la mente e per il corpo come già avevano fatto gli antichi (mens sana in corpore sano). Immagina che questa educazione possa realizzarsi in un luogo ideale l’abbazia di Thélème dove i giovani sono spinti dalla curiosità ad apprendere tutto quanto il mondo può offrire loro. Sulla porta dell’Abbazia campeggia il motto : “Fai quello che vorrai”. No allo studio mnemonico quindi, sì alla curiosità da suscitare nei giovani in modo che siano spinti da soli a chiedere il perché di tante cose e a trovare le loro risposte.   

Sempre in questo secondo volume affronta il tema della guerra.

Siamo in un’epoca in cui, finito il periodo delle Crociate, non è però finito il desiderio di espansione e quello di sottomettere popolazioni nemiche e di annettere i loro territori. (Quante analogie con la nostra epoca purtroppo!)

Anche in questo caso Rabelais si rifà agli antichi e, pur predicando il mantenimento della pace, vuole però che chi governa sia pronto ad una guerra di difesa per non soccombere di fronte all’aggressore (“si vis pacem, para bellum” dicevano i latini).

Quindi sì ad un esercito di mestiere, ben addestrato e pronto ad intervenire quando saranno falliti tutti i tentativi di risolvere i conflitti in modo pacifico arrivando ad una soluzione tra le due parti. Rabelais ricorda anche che i nemici sono prima di tutto degli uomini e come tali vanno trattati anche nella sconfitta. E raccomandato di non dimenticare mai che comunque, una volta finita la guerra, bisognerà ricostruire la pace.

E’ invece nel quarto e nel quinto libro che Rabelais affronta il tema della conoscenza.  Per farlo utilizza l’espediente del viaggio alla scoperta di qualcosa che possa darci risposte (il viaggio è sempre stato il pretesto simbolico per molti scrittori per mostrare ai lettori il percorso da fare per arrivare alla verità o perlomeno ad una soluzione parziale che ci soddisfi in mancanza della verità assoluta. Provate ad enumerarne alcuni ed arriverete almeno a 10 partendo dall’Odissea passando per la Commedia di Dante, il Candide di Voltaire,  I viaggi di Gulliver e via di seguito…..)

In realtà il viaggio che Rabelais fa intraprendere ai suoi protagonisti a cui si aggiunge anche un terzo personaggio, Panurge, è un viaggio alla ricerca dell’oracolo della Dive Bouteille, costellato di peripezie e che si concluderà con la risposta “sibillina” dell’oracolo: BEVI! 

L’ interpretazione più in linea con l’umanesimo dell’epoca è quella di bere alla fonte della scienza che saprà spiegare molti misteri che l’uomo ancora non conosce.

500 anni fa, cioe’ OGGI

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