“la peste” di Camus: risposta esistenziale alla pandemia 

di Bianca Maria San Pietro-docente di francese-Bocconi

In era di pandemia e sindemia non del tutto archiviata, di Dengue(la febbre dengue, più conosciuta semplicemente come dengue, è una malattia infettiva tropicale causata dal Dengue virus. La malattia è trasmessa da zanzare del genere Aedes, in particolar modo la specie Aedes aegypti.) mi trovo  , forse per deformazione professionale, a riflettere spesso sulle analogie tra i comportamenti umani di fronte ai virus pandemici e i comportamenti dei protagonisti del romanzo di Camus: la peste.

Non voglio dilungarmi con il racconto e lo sviluppo di questo splendido affresco della società e dei suoi mali. Voglio solo mostrare i principali personaggi che animano il romanzo per porre una domanda: quante volte durante la pandemia siamo entrati in contatto più o meno diretto con persone simili che, nel bene e nel male, hanno condizionato anche il nostro modo di vivere questo periodo buio?

Nel descrivere brevemente questi personaggi lascio volutamente per ultimo il personaggio protagonista, il dottor Rieux, che incarna perfettamente la filosofia di Camus(nato in Algeria a Mondovi ,oggi Drèan) e la sua evoluzione verso quello che viene definito il nuovo umanesimo.

Per poter capire e contestualizzare gli avvenimenti devo ricordare che il romanzo è ambientato negli anni 40 ad Orano, città dell’Algeria, ma potrebbe essere un dovunque nel mondo e in qualunque tempo (in fondo la peste descritta dal Manzoni si svolgeva in altro secolo e in altro luogo;la Dengue nelle Regioni delle Americhe con punte preoccupanti in Brasile).

Analizziamo i personaggi:

Jean TARROU: figlio di un procuratore, di fronte all’emergenza collabora con Rieux e organizza dei cordoni sanitari per impedire alla peste di propagarsi fuori dai confini della città e per impedire la fuga di chi vorrebbe ritornare ai propri affetti e al proprio domicilio. Il suo rapporto con il dottor Rieux arricchisce entrambi in uno scambio reciproco di riflessioni sulla sofferenza, sulla vita, sul destino.

Jean RAMBERT: giornalista, capitato lì per caso e desideroso di tornare a raggiungere la moglie a Parigi, cerca di eludere la sorveglianza e i cordoni sanitari per mettersi in salvo, incurante del danno che potrebbe provocare diffondendo l’epidemia, ma alla fine, quando avrebbe la possibilità di partire, rinuncia e decide di collaborare con Rieux e i sanitari.

Joseph GRAND: classico impiegato comunale, senza grandi qualità né difetti, segue suo malgrado (o forse con convinzione?) le leggi emanate dall’amministrazione.

Joseph COTTARD: ha un passato oscuro e losco e trova nella quarantena obbligata un modo per sfuggire alla giustizia in quanto tutti sono impegnati in ben altre emergenze.

Le Père PANELOUX: gesuita colto ma fanatico, vede nella peste un castigo per i peccati degli uomini, e in tre memorabili prediche evoca la giustizia divina, alla quale però non saprà dare spiegazioni quando vedrà morire tra le sue braccia un bambino innocente.

Bernard RIEUX: il dottore che tutti vorremmo conoscere. Appassionato del suo lavoro e dell’umanità in genere, e al tempo stesso sufficientemente lucido per capire come operare ed intervenire coinvolgendo anche dei volontari (Tarrou per primo, ma poi anche Rambert e tanta altra gente comune). Rieux rappresenta l’evoluzione di Camus verso il “nuovo umanesimo”, dopo la fase dell’assurdo incarnata invece nel romanzo “lo straniero” dal personaggio di Meursault.

Una considerazione sottotraccia è: attraversando i mesi bui della pandemia, ci è capitato di incontrare gente che si offriva volontaria per collaborare ed aiutare, medici ed infermieri che abbiamo visto crollare sotto il peso di ore ed ore di lavoro,  ma  abbiamo  trovato gente che nel momento in cui è stato imposto il divieto di spostarsi, da città a città e da regione a regione, ha trovato il modo per farlo lo stesso.  Abbiamo incontrato chi ha negato fino all’ultimo che esistesse un problema e chi ha sostenuto che il vaccino non era la soluzione ma un male peggiore. Abbiamo assistito al racconto di episodi di sciacallaggio che fanno vergognare di appartenere al genere umano, e forse abbiamo anche  visto come nel mondo religioso ci siano stati atteggiamenti diversi nei confronti del male e nel modo di aiutare chi soffriva.

Camus ha preconizzato una risposta di comportameento: dopo una prima fase della sua filosofia, rappresentata dal personaggio mitologico di Sisifo che passa la vita a spingere un masso verso la cima di una montagna ma una volta arrivato quasi a destinazione, viene riportato al punto di partenza dal masso stesso che rotola giù, nella seconda fase della sua evoluzione filosofica Camus si dice e ci dice che dobbiamo immaginare Sisifo felice di quello che fa, e questo atteggiamento trova la sua migliore applicazione nella figura del dottor Rieux che nonostante tutto vive per fare il meglio possibile in un mondo che non è certo il migliore dei mondi possibili….

E’ la dinamica della vita vissuta oggi come principio della vita futura che dobbiamo vivere comunque.

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